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    Home » Economia » Il lavoro di Urso a Bruxelles per rilanciare la politica industriale europea

    Il lavoro di Urso a Bruxelles per rilanciare la politica industriale europea

    Il responsabile del Mimit sostiene che c’è un largo consenso intorno alla proposta italiana, ampiamente anticipata nei giorni scorsi. Ma la Germania ha negato il suo appoggio

    Francesco Bortoletto</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/bortoletto_f" target="_blank">bortoletto_f</a> di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    26 Settembre 2024
    in Economia
    urso automotive

    Il ministro per l'Impresa e il Made in Italy Adolfo Urso (foto: Bertrand Guay via Afp)

    Bruxelles – Non è ancora chiaro quanti e quali Stati membri appoggino le linee guida sul futuro della politica industriale europea che il ministro all’Impresa e al Made in Italy Adolfo Urso sta illustrando ai partner europei in questi giorni. Lui ha menzionato diversi Paesi Ue che sarebbero d’accordo con il governo, ma dal Consiglio Competitività di oggi (26 settembre) non sono arrivare conferme esplicite se non una smentita. 

    “Alcuni Paesi si sono espressi già in sede di Consiglio, per quanto riguarda la nostra proposta, ed altri negli incontri bilaterali che ho avuto”, ha garantito nel primo pomeriggio il titolare del Mimit ai giornalisti all’uscita dalla riunione Compet. “Mi riferisco in modo specifico a Romania, Slovacchia, Lettonia, Malta, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca e ho parlato anche con la Spagna e ieri con la Germania”, ha specificato, sostenendo che esiste una “sufficiente maggioranza di Paesi che si predispone a chiedere, con il report che stiamo predisponendo, che ci sia un anticipo nell’esercizio della clausola di revisione, già prevista per la fine del 2026, affinché si possa decidere prima, in un tempo congruo – noi proporremo il primo semestre del 2025 – quello che è necessario fare insieme per raggiungere i target che ci siamo prefissi”.

    Eppure, solo qualche ora prima, il sottosegretario all’Economia tedesco Sven Giegold aveva detto che “la Germania non vuole indebolire le norme sul clima” e che “gli obiettivi climatici sono fondamentali” – sia quelli al 2035 (lo stop ai veicoli con motore a combustione interna) sia quelli intermedi al 2025 (la riduzione del 15 per cento delle emissioni di CO2 rispetto ai valori del 2021). Freddezza, da Berlino, anche sulla richiesta di anticipare l’attivazione della clausola di revisione del regolamento sulle emissioni, che, ha fatto capire Giegold, deve rimanere fissata per il 2026 per permettere di raccogliere i dati necessari. Fino alla stoccata finale sui biofuels, difesi da Roma come una scelta necessaria per la neutralità tecnologica post-2035: “Non chiediamo nuovi biocarburanti che, se si calcola veramente, non sono climaticamente neutri”, ha dichiarato.

    Se la Germania è a favore o contro la posizione italiana non è una questione secondaria, visto che si tratta del Paese più popoloso tra i Ventisette: se Berlino e Parigi si oppongono, al Consiglio, per le regole di voto, è dura spuntarla. Soprattutto se dovesse vacillare anche il supporto di qualche altro Stato tra quelli menzionati da Urso: un’eventualità che non si può escludere, dato che alla smentita tedesca ne potrebbero seguire altre. L’obiettivo italiano è quello di redigere un non-paper, cioè un documento informale, da far sottoscrivere al maggior numero possibile di governi nazionali, contenente le principali rivendicazioni del Belpaese.

    In serata, anziché nuove smentite, agli Stati membri con cui il Mimit segnalava una “convergenza” si erano aggiunti anche Austria e Paesi Bassi. Al termine della riunione Compet il ministro ungherese alla Strategia economica Mate Loga (padrone di casa, dato che Budapest detiene la presidenza di turno dell’Ue) ha dichiarato che “ il settore automobilistico, in relazione agli obiettivi climatici, non è stato al centro della discussione odierna”, e ha negato che si sia parlato di “scadenze precise” con riferimento alle deadline fatidiche del 2025 e del 2035.

    Il ministro italiano ha ricevuto l’appoggio della Lega, partner di maggioranza a Roma, che per bocca del capodelegazione a Strasburgo Paolo Borchia ha sottolineato come quella di anticipare al 2025 la revisione del regolamento sulle emissioni sia “una proposta di buon senso” contro un Green deal che “ha sempre anteposto le battaglie ideologiche alle esigenze concrete, portando avanti un’agenda politica di estrema sinistra senza ascoltare aziende e lavoratori”.

    Dall’opposizione, invece, sono arrivate le critiche dell’eurodeputata pentastellata Valentina Palmisano: “Spagna, Germania, Francia, Polonia, Svezia, tutti i principali Paesi europei hanno cestinato la proposta di Urso di anticipare la revisione delle norme Ue sulle automobili al 2025 con l’obiettivo di cancellare lo stop al motore endotermico dal 2035”, ha dichiarato in una nota, sostenendo che “appena cinque Paesi l’hanno sostenuta” (senza citarli) e che “persino l’Ungheria di Orbán ha risposto picche”.

    Tags: Adolfo UrsoautomotiveConsiglio competitivitàpolitica industriale europeaSven Giegold

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