Bruxelles – Si riaccende la corsa decisiva alla presidenza polacca. Domenica (1 giugno) si terrà in Polonia il secondo turno delle elezioni presidenziali, in un contesto che conferisce al voto un’importanza politica superiore a quella che la sola carica normalmente comporta. In lizza sono Rafal Trzaskowski, sindaco liberale di Varsavia (di Piattaforma Civica, stesso partito del primo ministro) e figura di riferimento del campo europeista, e Karol Nawrocki, storico sovranista vicino al partito Diritto e Giustizia (PiS), già al governo tra il 2015 e il 2023. Il risultato determinerà non solo l’assetto istituzionale interno, ma anche la capacità del governo europeista guidato da Donald Tusk di proseguire il percorso di normalizzazione con l’Ue intrapreso dall’ottobre 2023 dopo il cambio di maggioranza, più euro-entusiasta.

Il primo turno, tenutosi due settimane fa, ha visto Trzaskowski in vantaggio, ma senza la maggioranza assoluta. Il blocco nazional-conservatore ha superato invece il 50 per cento dei voti, se si sommano le forze che sostengono Nawrocki e altri candidati di destra, come il libertario Slavomir Mentzen, rendendo decisivo l’apporto degli astenuti. L’esito rimane incerto.
Formalmente, il presidente della Repubblica in Polonia ha un ruolo limitato sul piano esecutivo. Tuttavia, dispone di poteri significativi: può porre il veto su leggi approvate dal parlamento e rinviarle al Tribunale costituzionale, influenzando l’iter legislativo e incidendo sulla stabilità politica. L’attuale presidente uscente, Andrzej Duda, sostenuto da PiS, ha più volte esercitato questo potere, rallentando le riforme proposte dall’esecutivo Tusk.
Proprio il tema delle riforme, in particolare quella della giustizia, è centrale nei rapporti tra Varsavia e Bruxelles. La Commissione europea ha sbloccato oltre 100 miliardi di euro di fondi comunitari destinati alla Polonia dopo l’avvio di un processo di ripristino dello stato di diritto da parte del nuovo governo. Ma alcune misure sono ancora bloccate a causa dell’opposizione del presidente uscente: l’elezione di Nawrocki rischierebbe di prolungare questa situazione di stallo, ostacolando l’attuazione del piano di riforme e limitando il margine d’azione di Tusk sul piano europeo.
In politica estera, entrambi i candidati condividono una linea di netta opposizione alla Russia, posizione trasversale nella società polacca. Divergono però su altri aspetti della strategia internazionale: Nawrocki, allineato alla visione trumpiana e critico nei confronti dell’Ue, propone una maggiore dipendenza dalla Nato e dagli Stati Uniti, opponendosi a una maggiore autonomia strategica dell’Europa in materia di difesa. È anche favorevole al rafforzamento di alleanze alternative all’interno dell’Unione, come quella con l’Ungheria, mentre Trzaskowski sostiene il consolidamento dell’asse franco-tedesco e il rafforzamento del pilastro europeo della sicurezza.
Il voto avrà anche implicazioni nella gestione del dossier ucraino. Sebbene vi sia ampio consenso sulla necessità di continuare il sostegno militare a Kyiv, le differenze emergono nei toni e nelle priorità politiche. Nawrocki ha assunto posizioni più critiche verso l’Ucraina, in particolare su questioni migratorie e di allargamento dell’UE, mentre Trzaskowski promuove una linea di continuità con l’attuale politica di sostegno.

Il contesto interno è segnato da una forte polarizzazione tra aree urbane e rurali, con le prime orientate verso l’integrazione europea e le seconde più sensibili a temi identitari e sociali. L’uso dei social media e la diffusione di disinformazione hanno accentuato le divisioni, rendendo la campagna elettorale particolarmente accesa, sebbene improntata formalmente a toni istituzionali.
Sebbene possa sembrare un’abitudine descrivere ogni consultazione elettorale europea come “decisiva per il futuro dell’Europa”, in questo caso il voto avrà effetti potenzialmente duraturi sul posizionamento europeo della Polonia. Parliamo dello stato più grande dell’Europa centrale, collocato sul fianco est dell’Unione e al confine con l’Ucraina. Insieme a Parigi, Londra e Berlino, Varsavia fa parte della cosiddetta coalizione dei volenterosi, che sostiene Kiev e stabilisce la strategia rispetto a Putin e Trump. La Polonia è inoltre il paese che spende di più per la difesa, il 5 per cento del Pil. Una presidenza in linea con il governo potrebbe rafforzarne il ruolo. Una coabitazione ostile, al contrario, rischia di limitarne la capacità di incidere nelle principali decisioni comunitarie.
L’Europa guarda dunque con attenzione all’esito di domenica, consapevole che da Varsavia può dipendere, almeno in parte, la coesione futura dell’Unione.