Bruxelles – Certo non una levata di scudi, ma la chiara indicazione che quando toccherà all’Eurocamera esprimersi sulle controverse modifiche all’applicazione del concetto di Paese terzo sicuro proposte dalla Commissione europea, ci saranno almeno tre gruppi pronti a dare battaglia. Forse quattro. In un’interrogazione depositata da Marco Tarquinio (Pd/S&D), 37 eurodeputati socialisti, verdi e della sinistra – e un liberale – hanno chiesto all’esecutivo Ue di chiarire in che modo i trasferimenti di richiedenti asilo verso Paesi con cui non hanno alcun legame possano essere compatibili con il diritto internazionale.
La proposta di revisione presentata lo scorso 20 maggio e prevista dal Patto sulla Migrazione e l’Asilo “rappresenta un passo molto pericoloso“, ha sottolineato Tarquinio. Perché – come si legge nel testo dell’interrogazione parlamentare – “la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha ripetutamente chiarito che un trasferimento verso un paese terzo rispetta la Convenzione europea dei diritti dell’uomo solo se il richiedente ha un legame significativo con tale paese e se sono garantite garanzie procedurali efficaci e accessibili”. Ma la rimozione del criterio del legame e l’abolizione dell’effetto sospensivo automatico dei ricorsi vanno decisamente nella direzione opposta.
I 38 eurodeputati incalzano la Commissione e chiedono come riuscirà a “garantire che un’interpretazione così ampia del concetto di Paese terzo sicuro non porti a un’esternalizzazione sistematica delle responsabilità in materia di asilo, contraria allo spirito del sistema europeo comune di asilo e all’interno dell’Ue”.
Tra i firmatari, oltre a Tarquinio, altri 13 italiani: Nicola Zingaretti, Cecilia Strada, Brando Benifei, Alessandro Zan, Giorgio Gori, Sandro Ruotolo, Alessandra Moretti (Partito democratico), Pasquale Tridico, Gaetano Pedullà (Movimento 5 Stelle), Leoluca Orlando, Benedetta Scuderi, Cristina Guarda, Ilaria Salis (Alleanza Verdi e Sinistra).

Lo stravolgimento del concetto di Paese terzo sicuro – che secondo la Commissione europea non è altro che “una modifica mirata di una disposizione già esistente nel diritto dell’Unione” e comunque “accompagnata da solide garanzie” – è passato un po’ in sordina: non è stata presentata in una conferenza stampa, non ne ha parlato il commissario europeo competente, l’austriaco Magnus Brunner. Tant’è che – ad eccezione della dura denuncia del gruppo della Sinistra europea, che ha definito la proposta un “piano di deportazione di massa” – i Socialisti e democratici e i Verdi (che hanno sostenuto la conferma di Ursula von der Leyen e hanno approvato il Collegio dei commissari) sono rimasti in silenzio.
Le parole di Tarquinio sono tuttavia un chiaro indizio. “Purtroppo l’obiettivo di questa Commissione e di molti governi europei è chiaro: stigmatizzare ed esternalizzare l’immigrazione, delegittimando al contempo le Corti europee e internazionali che tutelano i diritti fondamentali”, ha attaccato l’eurodeputato dem e del gruppo socialista.
Al Consiglio dell’Ue, le flessibilità proposte dalla Commissione per trasferire rifugiati in Paesi terzi difficilmente incontreranno resistenze. All’Eurocamera, i numeri parlano chiaro: Socialisti, Verdi e Sinistra non bastano per garantire l’approvazione di modifiche sostanziali al testo. Nemmeno con l’aggiunta dei liberali di Renew (la francese Fabienne Keller ha firmato l’interrogazione), che per altro presentano sensibilità diverse a seconda del Paese di provenienza. Serve che una parte del Partito Popolare si schieri contro la stretta securitaria e l’esternalizzazione della protezione internazionale. Tra i 38 firmatari però, di popolari non ce ne sono.